Questo intervento può essere effettuato attraverso una vasta gamma di diverse tecniche, a disposizione del chirurgo secondo le esigenze obiettive e soggettive della paziente.

Linee guida fondamentali per la corretta esecuzione e l’ottenimento di risultati validi e durevoli sono: il rispetto della circolazione sanguigna delle aree che rimarranno in sede; la riduzione delle ghiandole, attuata in modo tale da mantenerne la simmetria e la capacità di allattamento; un danno tissutale minimo rispetto agli scopi previsti; cicatrici di dimensioni ridotte e posizionate in tal modo da essere il meno visibili possibile, compatibilmente con la quantità di tessuto da asportare. Il rispetto di queste regole consente al chirurgo di ottenere il migliore e più duraturo risultato, con la massima soddisfazione da parte della paziente.

Le tecniche, come abbiamo detto, sono molteplici, e possono essere differenziate in parte sulla base del tipo di cicatrice che residuerà a fine intervento. Questa potrà essere a T rovesciata, con la branca orizzontale posta nel solco sottomammario e quella verticale che unisce l’incisione periareolare alla branca orizzontale, trasversale o verticale. Solo in rari casi in cui l’asportazione di tessuto sia minima si avranno cicatrici che interesseranno il seno in senso radiale su di un solo lato.

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Lo scopo è sempre lo stesso, ridurre in modo esteticamente valido la mammella, e la tecnica andrà scelta dal chirurgo sulla base delle dimensioni della stessa e dei risultati da ottenere, in accordo con le esigenze della paziente. A grandi linee, si tratta di asportare tessuto mammario in modo e quantità tali da ottenere, a fine intervento, un accostamento delle strutture mammarie residue. Ciò permette di effettuare le suture più estetiche, con un riposizionamento del capezzolo all’altezza desiderata e necessaria per il rispetto dei canoni di bellezza, eliminando al contempo la cute in eccesso, e ricoprendo la ghiandola in modo da rassodarne la struttura.

In alcuni casi, quando la situazione anatomica lo richieda, come nei gigantismi mammari, e non vi siano più necessità di allattamento futuro, si effettua l’impianto libero del capezzolo sconnettendo i dotti galattofori dalla loro terminazione naturale. Le eventuali complicanze dovute agli interventi riduttivi sono legate soprattutto a lesioni della vascolarizzazione cutanea, con necrosi di porzioni di cute, e ad una cicatrizzazione visibile per una eccessiva tensione dei lembi cutanei suturati o per sopraggiunte infezioni. Quasi mai si tratta di lesioni definitive e saranno suscettibili di correzioni future, una volta che la situazione si sia stabilizzata.